
Le persone si preoccupano di tutelare la propria privacy.
Questo è un tema così importante per loro che probabilmente impazzirebbero se sapessero che Zoom trasferiva i dati dei propri utenti ad altre piattaforme, come Facebook.
Ma chi legge effettivamente “Termini e Condizioni” prima di accettarli?
Tutti noi vogliamo vivere facendo nostro il motto: “Lascia il tuo lavoro fuori dalla porta” quando torniamo a casa ma, specialmente ora che il nostro ufficio è il tavolo della cucina, quali sono i limiti della privacy per un normale lavoratore?
Fino a dove si parla di controllo e a che punto si inizia a utilizzare il termine libertà?
Ovviamente il controllo, privo di qualsiasi limite, è vietato e le norme che tutelano la privacy in ambito lavorativo vanno evolvendosi di pari passo alle possibilità che l’innovazione tecnologica offre. A
seguito della riforma dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, introdotta dal d. lgs. 151/2015, il datore di lavoro, in accordo con i sindacati o con l’ispettorato del lavoro, può scegliere di utilizzare alcuni strumenti per il controllo da remoto dei propri dipendenti.
Quindi, possiamo dire che la sorveglianza, di base, non è vietata ma ci sono alcune cose che non possono essere considerate ammissibili.

Alcune aziende, in passato, hanno provato a prevedere l’utilizzo di badge elettronici o di braccialetti provvisti di microchip.
L’uso di strumenti di questo tipo ha, però, provocato una valanga di critiche, provenienti sia dai sindacati che dai lavoratori stessi.
Tecnologie di questo tipo permetterebbero, infatti, al datore di lavore di controllare i movimenti dei propri dipendenti minuto per minuto nel corso di tutta la giornata lavorativa.
In questo modo ci sarebbe la possibilità di sapere per quanto tempo un lavoratore è rimasto al suo posto, quanto a lungo è durata la sua permanenza in bagno oppure la sua pausa-caffè piuttosto che la sua pausa-pranzo.
Inoltre, queste tecnologie permetterebbero di sapere con quanti e quali colleghi il lavoratore è entrato in contatto, ha comunicato, ha interagito oppure se ha partecipato a qualche riunione sindacale.
Quando la questione ha raggiunto toni parecchio accesi, è intervenuta la Corte di Cassazione per chiarire la situazione, dichiarando illegale l’utilizzo di badge dotati di microchip, poiché strumenti di questo tipo permetterebbero non solo di individuare orario di entrata e di uscita del lavoratore ma anche di raccogliere altri dati, relativi alla prestazione lavorativa, diventando, quindi, dei veri e propri strumenti di controllo, violando la tutela prevista dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

Ed ora lo Smart Working è al centro dell’attenzione!
Che momento meraviglioso è questo in cui dobbiamo cercare di essere produttivi pur ritrovandoci rinchiusi con i membri della nostra famiglia, che spesso non capiscono che noi stiamo cercando di lavorare.
Molti imprenditori hanno valutato di installare sui computer aziendali software che permettessero loro di controllare le attività dei propri dipendenti: se questi stanno lavorando, se stanno navigando su siti non adatti, se sono alla propria postazione di lavoro. A questo si aggiunge il fatto che, date le restrizioni sanitarie dovute all’emergenza, alcune associazioni di categoria abbiano previsto l’utilizzo di strumenti (come dispositivi indossabili) per controllare la salute e l’attività fisica dei dipendenti o l’utilizzo di rilevatori di fatica, applicabili alle tastiere dei computer sul posto di lavoro.
Per ora, queste applicazioni non sono ancora state commentate alla luce di quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori né in riferimento al Regolamento UE 679/2016.
Questo, però, non significa che in un futuro, anche non troppo lontano, questi strumenti non possano essere utilizzati per garantire una maggiore sicurezza sanitaria o una maggiore tutela dei locali aziendali.
Nel frattempo, ogni parte coinvolta nei processi lavorativi di tutto il mondo deve capire che la tecnologia può rappresentare entrambe le facce d’una stessa medaglia – sia “il bene superiore” che “il male minore”.
La tecnologia può, quindi, essere un grande alleato in termini di produttività ed efficienza ma, contemporaneamente, un nemico per la tutela della vita privata del dipendente.
In attesa che questo accada, bisogna essere consapevoli che l’utilizzo di strumenti tecnologici deve assumere un’importanza centrale non solo perché ha ripercussioni significative sull’organizzazione aziendale ma soprattutto perché influenza la sfera personale e intima del lavoratore.