Chi non ha mai sentito l’irrefrenabile impulso di esternare senza il benché minimo freno inibitore tutte le proprie considerazioni sull’eccessiva prepotenza del proprio capo-ufficio o sull’incompetenza dei propri colleghi?
Chiunque avverte il bisogno fisiologico di sfogare la propria frustrazione accumulata dopo una giornata lavorativa particolarmente faticosa…
Magari, incontrando un proprio familiare e parlandone con lui, oppure con un amico. Tutto ciò è normale, ed, anzi, è persino consigliabile al fine di evitare disagi da stress lavoro-correlato.
Ma è necessario prestare attenzione alla modalità con cui si smaltisce tale “stress”!
L’offesa al proprio superiore, colleghi o all’azienda in toto può costare cara al lavoratore!
Infatti, il codice penale punisce la diffamazione, il reato compiuto da chi offende la reputazione altrui, attraverso la comunicazione con più persone (Art. 595 codice penale). Per reputazione si intende la considerazione che gli altri individui hanno di una determinata persona nell’ambiente sociale in cui questa è inserita.

Quali possono essere le conseguenze?
Come esempio pratico, basti pensare al lavoratore “Tizio” che, dopo aver concluso il proprio turno nell’azienda “Alfa”, si reca al pub con gli amici e incominci ad insultare il proprio capo-reparto “Caio”, riferendosi a quest’ultimo con appellativi volgari e oltraggiosi, facendo considerazioni su quanto sia arrogante nonché incapace a gestire la divisione aziendale a lui assegnata.
Si ponga ora che, tramite passaparola, si sparga la notizia che Tizio abbia messo in giro certe voci sul conto di Caio, il quale lo viene a sapere. Tizio, oltre a rispondere penalmente per diffamazione, potrà anche rischiare una sanzione disciplinare.

Come tutelarsi?
Al giorno d’oggi, l’evoluzione tecnologica pone il problema della tutela, anche in ambito lavorativo, dalla proliferazione del reato di diffamazione attuato tramite i nuovi mezzi di comunicazione, quali la posta elettronica, i blog e i social network.
A riguardo, è bene tenere a mente che la legge prevede un inasprimento della pena – sotto forma di circostanza aggravante – qualora la comunicazione diffamatoria sia compiuta a mezzo stampa o “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità” (Art. 595 c. 3 codice penale).
La ragione di tale scelta normativa risiede nel fatto che la comunicazione diffamatoria possa raggiungere un numero illimitato di persone, con la conseguenza di una potenziale maggiore lesione della <a href="http://reputazione della persona offesa.
Secondo la Cassazione, all’interno di tale circostanza aggravante rientrano anche i mezzi di comunicazione di ultima generazione sopra citati (Cassazione penale, Sez. V, sentenza n. 29221 del 21 luglio 2011; Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 24431 del 8 giugno 2015).
Anche il ruolo dei social network ha influito molto…
Se si amplia lo sguardo alle conseguenze disciplinari applicabili dal datore di lavoro che possono scaturire da un caso di diffamazione attuata tramite social network o email, la giurisprudenza ha sancito che il lavoratore può rischiare anche il licenziamento.
E’ interessante citare il seguente caso…

in cui un dipendente aveva pubblicato on line sul proprio profilo Facebook la lettera dell’azienda di riammissione al lavoro (a seguito di un contenzioso) e aveva postato comunicazioni sessiste verso le colleghe, in particolare riferendosi a loro con espressioni volgari e paragonandole a prostitute (Trib. Ivrea, ordinanza del 28 gennaio 2015).
Il giudice ha confermato la legittimità del licenziamento del lavoratore in questione da parte dell’azienda poiché proporzionale all’infrazione commessa dal lavoratore, dal momento che le espressioni erano state valutate di “assoluta gravità” e l’agente aveva un quadro disciplinare compromesso da precedenti illeciti.
Oppure, un altro esempio…
risulta quello in cui un lavoratore, essendosi ritenuto discriminato dai propri superiori gerarchici circa il suo orientamento sessuale, aveva inviato email in forma anonima ai colleghi, ai quali comunicava commenti diffamatori nei confronti dei superiori. Impugnando il licenziamento con il quale il lavoratore era stato punito, lo stesso si vedeva respingere il ricorso dalla Cassazione (sentenza del 20 settembre 2016,n. 18404) poiché misura proporzionata alla condotta illecita tenuta dallo stesso.
Conclusioni
In sostanza, è consigliabile prestare attenzione non solo a ciò che si dice quando si è in presenza di più persone, ma è altrettanto necessario comportarsi con molta cautela quando si scrive un post su facebook o si inoltra una mail ad una moltitudine di persone, poiché si rischia di pagare a caro prezzo uno “sfogo” un po’ troppo avventato.