Wellbeing

I diritti del lavoratore malato oncologico

Ogni giorno in Italia circa 1000 persone hanno una nuova diagnosi di tumore e al momento circa il 5% della popolazione nazionale italiana è in cura per una neoplasia. Parliamo di oltre 3 milioni di persone che stanno affrontando una sfida cui si collegano diritti e doveri anche sotto il profilo del lavoro e, insieme al Dott. Mauro Montuori, Medico Chirurgo specializzato in Chirurgia Generale ed Oncologica, noi di Caronte abbiamo voluto analizzare insieme il percorso che segue un malato oncologico.

Il percorso di diagnosi e di cura è specifico per ciascun tipo di tumore e per ciascun malato. In questo percorso non è coinvolto solo il malato, ma tutta la rete di affetti che lo circonda, parenti ed amici. Da una parte verrà coinvolta una rete di affetti, dall’altra una “rete di medici”, la cosiddetta équipe multidisciplinare, perché oramai chi ha una diagnosi di tumore non viene più curato da un solo medico, ma da un gruppo che comprende chirurgo, oncologo, radioterapista, anatomopatologo, endoscopista, radiologo, e le rispettive équipe infermieristiche specializzate. Ognuno di noi è un tassello nel trattamento di questa patologia, ognuno mette a disposizione le proprie competenze specifiche per garantire al paziente le migliori cure e la guarigione.

L’importante è che al centro della nostra attenzione non ci sia la malattia, ma la persona che abbiamo di fronte.

Prevenzione, diagnosi precoce e screening

La prevenzione è l’arma più importante a nostra disposizione. Distinguiamo:

  • prevenzione primaria, con cui si intende combattere lo stile di vita malsano che oggigiorno sta diventando sempre più comune nel nostro paese. Fumo, Alcolici, Junk Food e Sedentarietà sono i nostri principali nemici, ed i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di un tumore.
  • prevenzione secondaria, con cui si intende invece l’identificazione precoce della malattia.

Nel nostro paese sono principalmente tre le campagne di screening gratuito. Si tratta di esami fatti a persone in buona salute, per identificare la presenza di un tumore prima che questo dia segno di sé.

  • Pap-Test: dai 20-25 anni ogni 3 anni
  • Sangue Occulto Fecale e colonscopia: tra i 50 e i 70 anni ogni 2 anni
  • Mammografia ed Ecografia mammaria: dai 50 ai 69 anni ogni 2 anni

La prevenzione secondaria è essenziale in quanto una diagnosi precoce offre maggiori possibilità di guarigione e trattamenti meno invasivi e con meno effetti collaterali.

Durante questa fase il lavoratore può assentarsi usufruendo di permessi retribuiti e non retribuiti che variano in base alla categoria di appartenenza e all’anzianità, ore di ROL o addirittura giorni di ferie (sebbene la funzione delle ferie non sia quella di effettuare visite mediche ma il recupero psico-fisico).

Posto che l’esigenza del lavoratore è personale e deve ancora individuare la causa del malessere oppure sta facendo della “semplice” prevenzione, spetta a lui trovare un accordo con l’azienda per stabilire quando e come gestire l’utilizzo dei permessi in base alla propria attività. Alcuni CCNL, tuttavia, prevedono dei permessi per visite mediche specialistiche, come ad esempio il CCNL terziario che utilizza le ore delle ex festività abolite.

Approfondimenti diagnostici

In questa fase il lavoratore non sa ancora se si tratta di un tumore e, pertanto, non è ancora stato dichiarato “malato oncologico” con il diritto all’esenzione Cod. 48 del ticket per gli esami che riguardano la patologia da cui è affetto. 

Questa è una fase molto difficile dal punto di vista psicologico. Il paziente, e tutti gli affetti coinvolti, si focalizzano su questo punto, si abbandona qualsiasi programma, ci si trova in un mare di difficoltà pratiche, economiche, lavorative, e ci si focalizza solo sul presente, sull’avere l’appuntamento per il prossimo esame il prima possibile, e sul recarsi nel centro migliore possibile. Inizia una sorta di corsa contro il tempo. 

E’ importante mantenere la calma, ed affidarsi ad una équipe multidisciplinare che prenderà in cura il paziente e che lo seguirà passo passo fino alla guarigione. 

Il paziente verrà sottoposto a vari esami di approfondimento, radiografie, ecografie, TAC, risonanze magnetiche, esami del sangue, endoscopie ed altro, gli esami da fare saranno ritagliati su misura per la patologia che ci viene diagnosticata. Questo percorso viene reso il più rapido possibile dall’equipe multidisciplinare che ha in carico il paziente, e che si occuperà di disporre i necessari approfondimenti, in regime ambulatoriale o di ricovero.

E’ bene però che, il paziente, una volta individuato il tumore, richieda la visita presso la commissione medica ASL per il riconoscimento dello status di invalido civile (proprio perché il tumore rientra tra le patologie delle tabelle ministeriali) e, se possibile, è opportuno che chieda altresì l’accertamento della gravità dell’handicap per i permessi di cui alla L. 104/1992. Attenzione, infatti, poiché l’invalidità consente di ottenere benefici economici ed è diversa dallo status di handicap grave che invece dà agevolazioni e permessi. 

In ogni caso, per quanto riguarda i malati oncologici, la visita medica dell’accertamento per l’invalidità civile (che può essere temporanea o permanente) segue un iter più veloce ai sensi della Legge 80/2006, che consente la visita entro 15 gg dalla presentazione della domanda.

La percentuale di invalidità causata dal tumore può essere di 3 tipi:

  • 11% significa che la prognosi è favorevole e si ha modesta compromissione funzionale;
  • 70% prognosi favorevole ma grave compromissione funzionale;
  • 100% prognosi infausta o sfavorevole nonostante asportazione chirurgica. 

Dallo status di invalido civile, la cui percentuale determina la gravità della patologia e la residua capacità lavorativa, discende la possibilità di richiedere l’assegno ordinario di invalidità, l’assegno mensile di invalidità, la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento, rispettando i requisiti reddituali e/o di età.

Terapie NeoAdiuvanti (RT-CHT)

A questo punto, l’esame istologico ha dichiarato l’esistenza del tumore e si procede con l’avvio di una terapia che impatterà sulla vita del lavoratore e della sua famiglia sempre più spesso, la chirurgia non è il primo step del trattamento della patologia neoplastica, ma saranno necessarie delle terapie mediche, cosiddette neoadiuvanti, che con farmaci chemioterapici, ormonoterapie, farmaci biologici e con la eventuale radioterapia, hanno lo scopo di ridurre l’estensione della neoplasia e di valutare la risposta.

Questo permette di effettuare dei trattamenti più conservativi e di aumentare le possibilità di guarigione. Le terapie cui si andrà incontro saranno specifiche per il singolo paziente e per il tipo di tumore, ed è bene che vengano fornite in questa fase tutte le informazioni sulla durata del trattamento, sui farmaci utilizzati, sugli eventuali possibili effetti collaterali, su come gestirli, e sul loro probabile impatto sulla qualità della vita quotidiana, lavorativa e non. Il percorso sarà altalenante, con periodi di alta necessità assistenziale e periodi di completo benessere.

In linea di massima la chemioterapia si somministra in cicli settimanali o trisettimanali, per una durata variabile tra tre e sei mesi, mentre la radioterapia richiede sedute giornaliere dal lunedì al venerdì, per un tempo variabile tra le 3 e le 6 settimane, tuttavia i protocolli di radio e chemioterapia sono estremamente personalizzati, per cui questi sono dati esclusivamente di tipo orientativo.

Alcuni aiuti in questa fase sono importantissimi, come ad esempio il diritto del lavoratore oncologico alla riduzione dell’orario di lavoro su richiesta, ossia il poter passare da un orario full-time a part-time, con la conseguente riduzione della retribuzione. Il familiare che lo assiste, invece, ha una mera precedenza rispetto ai propri colleghi per questa modifica oraria. Inoltre, il lavoratore malato e coloro che assistono chi ha una disabilità grave hanno diritto all’esonero dal lavoro notturno. Infine, mentre si segue la terapia il lavoratore non ha l’obbligo della reperibilità oraria in caso di visita medica di controllo da parte dell’INPS e, proprio in virtù del suo status, potrà opporsi a un eventuale trasferimento della sede di lavoro senza incorrere in conseguenze disciplinari.

Intervento chirurgico (Fase 1: preoperatorio)

Il percorso di trattamento chirurgico si articola in tre fasi.

La prima prende il nome di preoperatorio. In questo frangente il paziente esegue degli esami di Routine quali radiografia del torace, esami del sangue, elettrocardiogramma e una visita con lo Specialista in Anestesia e con il Chirurgo, che spiegheranno al paziente il tipo di anestesia, il tipo di intervento chirurgico, con quello che sarà il possibile percorso di guarigione normale, ma anche le possibili complicanze sia anestesiologiche che chirurgiche. Questa fase chiamata Counseling richiede solitamente da mezza ad una giornata intera.

Durante la fase preoperatoria possono essere riscontrati ulteriori problematiche non note al paziente, come ad esempio un “soffio al cuore”, che richiederanno di tornare in ospedale, con un ulteriore giorno di assenza non programmata dal lavoro, per eseguire accertamenti specifici.

Solo una volta che tutto sarà perfettamente studiato il paziente potrà entrare nella fase 2, ed essere sottoposto all’intervento chirurgico, anche perché bisogna tenere bene a mente, che il trattamento di una neoplasia non cambia solo in base al tumore, ma deve essere necessariamente ritagliato sulla singola persona, proprio come un sarto che cuce a pennello un abito, così i medici dell’equipe multidisciplinare che ha in cura il paziente, dovrà cucire il trattamento su misura per chi ha di fronte.

Posto che il lavoratore ha iniziato la terapia e viene sottoposto a intervento chirurgico, è bene ricordarsi che lo stesso ha il diritto di usufruire della malattia mantenendo il proprio posto di lavoro, a meno che decida di dimettersi. Tuttavia, il periodo di mantenimento del posto di lavoro (c.d. periodo di comporto) e relativa retribuzione in malattia, senza che avvenga il licenziamento, variano in base al CCNL (es. 180 gg nel corso dell’anno solare per il ccnl terziario, oppure 365 gg nell’arco di 1095 gg per il ccnl igiene ambientale).

Inoltre, alcuni CCNL prevedono l’obbligo, a carico del datore di lavoro, di avvisare il dipendente che si sta per superare il limite dei giorni di malattia. Inoltre, in questo percorso la presenza dei familiari è importantissima e, per questo, è possibile ricorrere a diverse tipologie di congedi e permessi: in particolare, il congedo di 30 giorni annui retribuiti per ricevere le cure se si ha un’invalidità maggiore del 50% (un periodo che il lavoratore può scomputare dal comporto), o il permesso retribuito di 3 giorni annui per assistere il lavoratore con grave e documentata infermità. Infine, risultano utili, se sussistono i requisiti, anche il congedo non retribuito di massimo 2 anni per gravi e documentati motivi familiari che consente di mantenere il proprio posto di lavoro seppur con il divieto di svolgere altre attività e senza che venga computato per l’anzianità di servizio o previdenziale; ed infine il congedo straordinario retribuito di massimo 2 anni per assistere il familiare con disabilità grave ai sensi della L. 104/1992. 

Intervento chirurgico (fase 3: il post operatorio)

Dopo l’intervento chirurgico i tempi di convalescenza saranno estremamente variabili da caso a caso. Personalmente applico, ogni volta che questo è possibile, i più moderni dettami del protocollo ERAS ovvero Enhanced Recovery After Surgery, miglior ripresa dopo un intervento chirurgico, vale a dire un insieme di norme che, attraverso un protocollo anestesiologico dedicato, l’uso della chirurgia mini invasiva e una rapida rialimentazione, permettono al paziente di riprendersi rapidamente dall’intervento chirurgico e di ritornare il prima possibile alla vita normale.

Purtroppo “nessun intervento, seppur condotto con tecnica sopraffina, è scevro da complicanze”, per cui il periodo post operatorio è estremamente delicato, e ci possono essere eventi che portano ad un aumento dei tempi di degenza o alla necessità di periodi riabilitativi post intervento. 

E’ chiaro che l’applicazione di un protocollo che consenta di ridurre al minimo i tempi di ripresa significa una grande possibilità per il dipendente che potrà riprendere la propria vita lavorativa più velocemente ed evitare di proseguire la malattia e superare il periodo di comporto.

Terapie Adiuvanti (RT-CHT)

Dopo l’intervento, purtroppo, il percorso del malato oncologico non è sempre finito. Il risultato ottenuto con l’intervento va alle volte consolidato, vale a dire che bisogna sottoporsi, a seconda della stadiazione della neoplasia e delle caratteristiche del paziente, a terapie molto simili a quelle ricevute nella fase neoadiuvante, quali ormonoterapia, radioterapia, chemioterapia, o terapie con farmaci biologici, che richiederanno tempi variabili. 

Alcune di queste terapie hanno importanti effetti collaterali, che grazie alla ricerca si stanno tuttavia riducendo con l’avanzare dei progressi scientifici.

Bisogna tenere presente quindi che non solo il giorno della terapia, ma anche uno o più giorni successivi possono essere molto impegnativi per i pazienti.

E’ bene ricordare che al rientro in azienda, posto che l’assenza per malattia avrà molto probabilmente superato i 60 giorni, il lavoratore dovrà essere sottoposto a visita per idoneità delle mansioni. Da notare che anche qualora non avesse superato tale termine, il lavoratore ha tutto il diritto di richiedere una visita di questo tipo e l’azienda non può rifiutarsi. 

Un accenno a questo punto va fatto sui lavoratori cd. fragili, posto che durante la terapia e post intervento si è in una situazione tale da poter essere certificati in “stato di fragilità”, come definito dalla Circolare del Ministero del lavoro n. 13/2020. In questo caso, il lavoratore fragile ha diritto allo smart working fino al 31 Dicembre 2021 se la mansione è svolgibile fuori sede aziendale. Diversamente, se ciò non fosse possibile, il datore può modificare l’attività a parità di inquadramento e retribuzione ma, qualora nemmeno questa alternativa non fosse percorribile, il dipendente può restare assente dal lavoro e il periodo si calcolerà come ricovero ospedaliero, senza che incida sul calcolo del comporto (cfr. Legge n. 133 del 24.9.2021).

Infine, per completezza, si segnala che l’INPS ha dato il via libera al riconoscimento retroattivo dell’assenza equiparata al ricovero ospedaliero per i lavoratori fragili non collocabili in smart working.

Il follow-up

Terminate tutte le terapia si entra nella fase del Follow-Up, in questo momento ci troviamo di fronte una persona guarita, libera da malattia.

Con il termine follow up si intendono tutti quei passi specifici e necessari per seguire un ex-malato oncologico, oramai guarito, nel tempo. Esami ematochimici di controllo, dosaggio dei marcatori tumorali, esami di diagnostica per immagini come ecografie, mammografie, TC, risonanze magnetiche, PET, ed esami endoscopici come colonscopie e gastroscopie oltre a tanti altri, diversi per ogni tumore e per ogni paziente.

Si tratta di un percorso che dura almeno 5 anni, in cui il paziente vive una vita normale, ma con l’impegno degli esami di controllo. 

E’ certamente un percorso lungo e travagliato, che non si può dimenticare e al quale bisogna sempre prestare attenzione, ma in ogni situazione vi è la possibilità di ricorrere a un istituto che consenta il godimento dei propri diritti, rispettandone i requisiti di legge e sanitari, sia per chi è ora guarito sia per chi gli è stato a fianco.


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