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Il Trattamento di fine rapporto, cd. TFR

Quando sei alla fine della tua prima esperienza lavorativa (ma non solo la prima), ti ritrovi a pensare con aria preoccupata “che ne sarà del mio TFR?” 

Una sensazione simile a quando stai per terminare una relazione e ti chiedi che ne sarà di tutto quello che c’è stato (ti verrà restituito? gettato nel cassonetto? ricordato per sempre? chissà).

Che cos’è?

Ebbene il TFR, ossia il Trattamento di Fine Rapporto, è una somma di denaro che viene accantonata dal datore di lavoro per il dipendente e pagata alla cessazione del rapporto.

Si tratta di una frazione della retribuzione pari a circa una mensilità per ogni anno di servizio, aumentata delle relative rivalutazioni Istat.

Per essere più precisi, l’art. 2120 del codice civile prevede che il TFR “si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”.

Da notare che per il calcolo della base del TFR si usano tutte le somme corrisposte continuativamente a titolo retributivo, anche in natura con beni o servizi (c.d. fringe benefit), incluso lo straordinario svolto e ad esclusione dei rimborsi spese. Inoltre, il TFR è anche un diritto indisponibile, per cui il dipendente non potrà rinunciarvi nemmeno in sede di conciliazione protetta con il datore di lavoro, ma tutt’al più accordarsi sulle tempistiche di pagamento.

E’ possibile chiederne una parte in via anticipata?

, posto che l’art. 2120 del codice civile statuisce che “il prestatore di lavoro con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta”. 

Ci sono poi dei limiti massimi percentuali che l’azienda deve rispettare annualmente e in base al numero dei dipendenti, ma la richiesta del lavoratore deve essere giustificata e riferita a situazioni di necessità documentate. 

In particolare, i CCNL possono prevedere delle condizioni specifiche e più ampie rispetto alla legge, ma di base l’anticipazione è richiedibile una sola volta nel corso del rapporto e per casi come spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche, oppure acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli o per le spese di ristrutturazione della prima casa, sia propria che dei figli, ma solo se l’intervento è necessario per rendere abitabile l’edificio.

Quali sono le tempistiche per il suo versamento? 

Non esiste un termine perentorio entro cui effettuare il pagamento, ma il contratto collettivo nazionale può aiutare in questo caso.

Per esempio, il CCNL Commercio prevede che il Tfr debba essere corrisposto non oltre 45 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, mentre il CCNL Metalmeccanici il termine è di 30 giorni.

Attenzione però ai tempi entro cui intervenire se il datore non pagasse, perché il diritto al TFR si prescrive entro i 5 anni decorrenti dalla data di cessazione del rapporto, ai sensi dell’art. 2948, comma 5, del codice civile. Diversamente, se il Giudice concedesse un provvedimento che stabilisce l’obbligo di pagamento, il diritto al TFR si prescrive in 10 anni.

E se non te lo pagano?

Tuttavia, se l’azienda non adempie al proprio obbligo di pagamento, il lavoratore può diffidarla e in tal caso di delineano due ipotesi:

  1. se il dipendente è in possesso del cedolino di chiusura del rapporto, dove viene liquidato il TFR, è possibile agire più velocemente con un procedimento c.d. monitorio innanzi al Tribunale competente, per ottenere la corresponsione delle somme e avere un titolo con cui poter successivamente pignorare i beni aziendali; 
  2. se il dipendente è privo della busta paga di chiusura, allora si dovrà incardinare un giudizio e allegare dei conteggi per dimostrare di aver diritto a quella determinata somma, con tempi più lunghi rispetto alla prima ipotesi.

Siccome stiamo parlando della fine di una relazione, purtroppo a volte capita che la parte datoriale fallisca e il dipendente si trovi nella condizione di dover recuperare il TFR insinuandosi nella procedura concorsuale. In questo caso, il diritto alle somme viene garantito dal Fondo di garanzia per il TFR, istituito nel 1982 presso l’INPS, il quale paga, in sostituzione del datore di lavoro insolvente, non soltanto il TFR ma anche le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto.

Se non sai come recuperare il tuo TFR, contattaci. Manda una mail a info@carontelaw.com

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